Le Tragedie Visibili e Invisibili nella Nostra Società
di Lucia Mariano

A tale proposito si potrebbe parlare di empatia selettiva, un concetto che si ricollega alle osservazioni di Adam Smith nella sua "Teoria dei sentimenti morali". Smith argomenta che la nostra capacità di simpatia - un termine che usava per descrivere quello che oggi chiamiamo empatia - non è universale ma limitata dalla nostra percezione della vicinanza e della somiglianza. Nella sua analisi, Smith evidenzia che tendiamo a provare una maggiore intensità di emozioni e sostegno per le vittime che percepiamo come più simili a noi o appartenenti a classi sociali elevate. Questo significa che la nostra empatia è spesso riservata a coloro che consideriamo più prossimi o affini, mentre le sofferenze di persone lontane o estranee, come i migranti, tendono a suscitare meno coinvolgimento emotivo. Questa selettività nella nostra risposta empatica contribuisce a una disconnessione tra le nostre emozioni e le reali necessità umanitarie. Tale selettività nella nostra empatia può creare una disconnessione tra il nostro stato emotivo e le reali necessità umanitarie. Di fronte a crisi che coinvolgono migranti o individui meno privilegiati, la nostra risposta emotiva può risultare superficiale o addirittura assente. La disconnessione, perciò, può ridurre la motivazione ad agire e a mobilitare risorse adeguate per le crisi meno visibili. Inoltre, la ripetizione di notizie tragiche e la mancanza di novità contribuiscono ulteriormente a questo fenomeno, diminuendo l’impatto emotivo e l’impegno verso le crisi meno mediatizzate. Quando si verificano naufragi come quello del veliero Bayesian, le risorse e le tecnologie disponibili per le operazioni di soccorso possono variare enormemente a seconda della visibilità mediatica e delle priorità politiche. Le tragedie che coinvolgono individui di alta classe sociale spesso ricevono una risposta più rapida e meglio equipaggiata, grazie all'accesso a tecnologie avanzate e infrastrutture adeguate. Al contrario, le crisi che riguardano migranti o persone meno privilegiate sono spesso affrontate con mezzi limitati e con una risposta più lenta, amplificando ulteriormente le disuguaglianze esistenti. Questa disparità nella risposta operativa riflette le stesse disuguaglianze che osserviamo nella nostra empatia e nella copertura mediatica.
Il fenomeno migratorio è un segnale di gravi ingiustizie globali e di crisi umanitaria che richiede una risposta urgente e concreta. Troppo poco viene fatto per affrontare le cause profonde dell'emigrazione forzata e per garantire che i migranti ricevano il supporto e la protezione di cui hanno disperatamente bisogno. Non è che il dolore per chi è ricco sia meno importante, ma dobbiamo riconoscere e affrontare il fatto che il dolore dei poveri e degli invisibili merita la stessa attenzione e compassione. Solo allargando la nostra empatia a tutti, senza distinzioni di status, e agendo con decisione per migliorare le condizioni di vita di chi è in difficoltà, possiamo aspirare a una società più giusta e umana. È tempo di rivedere le nostre priorità e garantire che ogni vita, indipendentemente dalla sua origine o posizione sociale, riceva il rispetto e la considerazione che merita.
Foto: ansa.it